Sabato 9 Febbraio alle ore 18 nel sottochiesa, appuntamento per l’incontro delle famiglie .
Continuiamo il percorso di approfondimento dei temi contenuti nella Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco.
Introdurranno l’incontro i coniugi Francesca e Francesco Zacchi, che ringraziamo, presentando la prima parte del Capitolo Secondo (paragrafi dal n. 50 al n.75) dal titolo “Nella crisi dell’impegno comunitario”.
Per favorire la riflessione personale e/o di coppia,
ed il confronto fra i partecipanti all’incontro, potrà essere utile la scheda
di lavoro riportata a pag. 88 del libro già distribuito nel novembre scorso.
In occasione di tale incontro sarà completata
la raccolta delle somme (almeno 840 €) necessarie per il rinnovo annuale dell’adozione a distanza dei due ragazzi
brasiliani (Matteo e Anna) della comunità Regina Pacis di Verona: incaricati
della raccolta sono i coniugi Santini
e Taparelli.
Confidiamo nella sensibilità e nella generosità di coloro che non hanno ancora dato il loro contributo all’iniziativa.
Ormai sono 10 mesi che mi trovo qui in mezzo al cuore dell’Africa.
Va tutto bene, e qui mi
trovo molto bene. Non passa giorno senza che pensi a voi, la mia comunità di
provenienza, a voi che, in un modo o in un altro, mi avete portato e
accompagnato a questa scelta di donare un po’ di tempo in questa terra, e che
allo stesso tempo mi state accompagnando nel cammino!
Vi ringrazio e vi abbraccio
forte. Non passa giorno che non pensi a qualcuno dei vostri volti, a qualcuna
delle vostre voci, al tempo passato insieme…
Immagino che le attività
procedano come sempre molto bene!
Vi porto con me nelle strade
e negli incontri di ogni giorno e, in un certo senso, è come se ogni persona
che incontra me, incontra una piccola parte di voi, e allo stesso tempo, quando
tronerò, farete esperienza di incontro, attraverso me, di una piccola parte di
coloro che sto incontrando e con cui sto condividendo il mio tempo qui.
Io qui in terra d’africa sto
vivendo un’esperienza di parrocchia molto diversa da quella a cui siamo
abituati. La parrocchia si stende in un rettangolo di circa 1000×600 km. È
immersa nel deserto e ogni weekend partiamo con due dei tre padri comboniani presenti
e qualche fedele, per andare a visitare almeno due comunità, lasciando il terzo
padre ad Abéché per celebrare con la comunità “madre”. È una missione fatta di
incontri, di nomi, di volti, e di sabbia!
Spesso nelle strade
polverose (tutte sterrate) ci ritroviamo bloccati a causa della sabbia e si
inizia a spalare e spingere la macchina per provare a uscirne in un qualche
modo, e riprendere il viaggio! Ma non appena si arriva alla comunità, tutti i
membri sono lì ad aspettarti, hanno preparato da mangiare per noi, dei letti in
cui dormire e… la gioia è talmente forte che la fatica scompare ed è la gioia
dell’incontro, dello stare insieme!
L’altro aspetto
profondamente interessante è la condivisione con l’islam. La diocesi di Mongo
(di cui Abéché fa parte) si trova nella parte a maggioranza mussulmana del Ciad
(la popolazione del paese è divisa circa 50/50 tra mussulmani e cristiani, la
maggioranza dei cristiani del paese si trova al sud, mentre la maggioranza dei
mussulmani si trova al nord), e quindi qui siamo la minoranza. Ma sono
testimone di una vera coabitazione pacifica tra le due religioni. Soprattutto
nella zona di Mongo (la regione si chiama Guerà, mentre la regione in cui si
trova Abéché si chiama Ouaddai) non c’è distinzione tra mussulmani e cristiani.
Essi vivono e crescono insieme. Spesso si verificano matrimoni misti tra le due
religione, e a più riprese mi è capitato di condividere pomeriggi o intere
giornate con fratelli Mussulmani, senza alcun problema, con la voglia di
scoprirsi e di incontrarsi a vicenda. Questa normalità di relazione, che con il
nostro occhio Italiano può sembrare davvero strano e quasi irreale, mi ha
colpito molto e mi sta arricchendo molto.
Io in questi mesi sto dando una mano in un centro culturale che si chiama Foyer de Jeunes. Il centro culturale è stato creato dai preti Gesuiti che avevano cominciato la missione d’ Abéché, ed è uno dei luoghi di maggiori scambi tra la parrocchia e il mondo Mussulmano, insieme ovviamente alla CARITAS.
In seno a questo centro culturale si è anche formato un gruppo di giovani chiamato “Donons nous la main” che significa “diamoci la mano”, in cui giovani Cristiani cattolici, protestanti e Mussulmani, si ritrovano insieme per camminare insieme sempre più verso una coabitazione pacifica, sempre più minacciata dalle spinte fondamentaliste che arrivano dall’esterno (che siano cristiane o mussulmane poco cambia). Ed è grazie a questo gruppo che il 28 novembre (giornata della coabitazione pacifica delle differenti confessioni religiose, festa nazionale in Ciad) siamo riusciti a organizzare una “Carovana della pace” che ha toccato diverse città della zona intorno ad Abéché, per riuscire a sensibilizzare sempre più la popolazione, specialmente i giovani e i bambini, a proposito di questo tema fondamentale.
Insomma la missione è ricca
e stimolante. Non nascondo le difficoltà, i momenti di fatica, ma posso dire
con forza che davvero ne vale la pena, come mi diceva un’amica poco prima di
partire per spronarmi a donarmi davvero in questa missione. Anche nel cuore
dell’africa, partendo in missione, si rischia di accontentarsi, di sedersi, di
dirsi “ho già fatto abbastanza”. E ammetto che grazie ai vostri messaggi, al
vostro pensiero per me torvo sempre la forza per fare quel famoso “miglio in
più”, quel passo in più verso l’altro per scomodarmi, per donarmi davvero!
Quello che più trovo ricco
di questa esperienza è lo STARE. Mi sto rendendo sempre più che cio che posso
FARE non è importante, e soprattutto non è qualcosa che possa arricchire
davvero questo luogo. Non è tanto nel FARE che sto trovando la gioia e il senso
di essere qui ad Abéché, ma piuttosto nello STARE. Incontrare le persone,
passare dei pomeriggi a parlare con le persone, giocare con qualche ragazzo,
scoprire le case delle persone, visitare, ascoltare… insomma semplicemente
STARE in mezzo a questo popolo e a questi giovani, che hanno il solo desiderio
di accoglierti per quello che sei, con i limiti che hai, con la ricchezza che
puoi portare soltanto essendo
te stesso…
E credo che questo stile che
sto scoprendo sia uno stile che possa arricchire anche la nostra parrocchia. Vi
sprono sempre più a cercare prima di tutto lo STARE, piuttosto che il FARE.
Conosco bene la nostra città, la nostra mentalità… la nostra routine. Tutti
abbiamo da fare, corriamo a destra e a manca, e anche nella parrocchia pensiamo
spesso e troppo al fare, e perdiamo la cosa più bella che è lo stare. Che sia
lo stare in famiglia, con gli amici, con Dio… è lo stare insieme che da gusto
alla vita. Un ragazzo l’altro giorno, mentre tornavamo dalla visita di
un’amica, mi diceva “per essere felici basta avere qualcosa da mangiare, e
degli amici con cui condividerlo”. Mi ha colpito molto questa frase per la
verità e la saggezza che nasconde! Proviamo a rallentare un po’, e a dare più
tempo all’altro, che sia un tempo di silenzio, di risa, di pianto… sarà sempre
un tempo ricco che ci scalderà il cuore!
L’altra cosa che mi sta profondamento colpendo di questa cultura, e la cultura della visita. Qui non appena qualcuno è ammalato o perde un parente si parte insieme a visitarlo, a passare un po’ di tempo a condividere questo doloro, questa fatica, ma anche le varie gioie di matrimoni o neonati! Questa pastorale della visita, dell’entrare in casa degli altri, e del fare entrare nella propria casa gli altri, è qualcosa di profondamente ricco e bello. Proviamo ad aprire le nostre case ai nostri fratelli della comunità, proviamo a donarci nella visita degli amici e delle famiglie con cui condividiamo il nostro tempo la domenica… scoprirete una ricchezza incredibile. La relazione si trasforma, passa ad un piano più profondo e ricco!
Vi abbraccio forte! Mi
mancate, mi manca il tempo passato insieme, mi mancano i vostri volti, le
vostre voci… Tra qualche mese avremo l’occasione di rincontrarci e di
riscoprirci!
Vi porto con me in questa
terra d’Africa, e vi sprono a essere sempre più portatori di luce, di
accoglienza e di amore, in un mondo che sta cadendo sempre più nella paura,
nella solitudine, nell’odio.
Siate portatori di quella
luce che ci viene affidata dalle persone che prima di noi hanno abitato questa
terra. Vi sprono all’apertura, alla scoperta dell’altro, che è faticosa, è
rischiosa, ma è ciò che da gusto alla vita e che la riempie di senso. Un altro
amico condivideva che secondo lui “la vita non è altro che passare del tempo
con gli amici e condividere tempo ed idee”.